La valorizzazione del giovane calciatore: il caso Amelia
(di Francesco Oddi - 09 maggio 2003)

Chissà cosa devono aver pensato a Trigoria quando è uscita la notizia dell’interessamento del Real Madrid per Marco Amelia. Ma anche Milan, Manchester, Parma e Chievo hanno chiesto informazioni al Livorno sull’ex terzo portiere della Roma. Roma che, per soli 700 milioni, un ventesimo del valore attuale, non ha più alcun diritto sul giocatore. Un pesante mancato guadagno per la società giallorossa, che però non sembra giusto imputare solamente all’eventuale leggerezza di un dirigente.

La valorizzazione del calciatore è il vero collo di bottiglia dell’operato dei settori giovanili. Le squadre di serie C, a cui vengono prestati la maggior parte dei calciatori della primavera a cui viene sottoposto un contratto dalla società che li ha cresciuti, preferiscono affidarsi a giocatori esperti. E, quando una squadra si assume il rischio di affidare ad un giovane la maglia da titolare, spesso preferisce puntare su un ragazzo di sua proprietà, piuttosto che su uno arrivato in prestito. E così ragazzi di sicuro talento finiscono per non trovare spazio neppure nelle categorie inferiori, a vantaggio di mestieranti a fine carriera o di giovani magari di minore prospettiva ma vincolati per più anni e quindi cedibili a titolo oneroso. Il caso di Marco Amelia, a questo proposito, è illuminante. Tra i migliori talenti del settore giovanile giallorosso, dopo aver vestito la maglia azzurra dall’under 15 all’under 18, ed aver fatto per due anni il terzo portiere in prima squadra, diventando anche campione d’Italia senza giocare nel 2001, a 19 anni viene mandato a farsi le ossa in serie C. Nel Livorno, allenato da Osvaldo Jaconi, si trova davanti il ventottenne Andrea Ivan, 4 presenze in A e 18 in B le uniche eccezioni di una carriera spesa interamente nella terza serie, e finisce a fare il secondo. Il Livorno vince il campionato, la panchina passa a Roberto Donadoni, ed un giovane che non era stato considerato in grado di fare il titolare in C1 si ritrova primo portiere in B. Nonostante il suo nuovo rivale, Aldegani, (Ivan, svincolato, è passato alla Florentia Viola), avesse alle spalle quattro campionati, più di 100 presenze, nella serie cadetta. Ma prima di promuoverlo, la società amaranto lo aveva riscattato dalla Roma. Che potendo, contare su altri due promesse nel ruolo come Zotti e Paoloni, non ha insistito più di tanto per riprendersi un portiere che non giocava neppure in C. Un pessimo affare, ma come poteva saperlo la Roma, dopo che, tra l’altro, Amelia era rimasto in panchina anche nella penultima giornata, quando il titolare era qualificato, e Jaconi aveva preferito affidarsi al terzo portiere Palmieri?

Un parziale rimedio a questa situazione è il premio di valorizzazione, pagato dalla società che controlla il giocatore alla squadra a cui va in prestito, qualora il ragazzo raccolga un certo numero di presenze. Ma è una soluzione che comporta un certo esborso per le società cedenti, poco rilevante rispetto al budget di mercato per la prima squadra, tutt’altro che trascurabile se paragonato a quello del settore giovanile. Ed è un rimedio che non soddisfa appieno neppure le società minori: la cessione di Amelia frutterà al Livorno una cifra almeno quindici o venti volte superiore a quella che avrebbe incassato se fosse stato pattuito un premio di valorizzazione. Premio che, quindi, non garantisce a sufficienza la crescita del giovane calciatore, per il quale la soluzione migliore rimane sempre crescere nella società che detiene il cartellino.



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